Lo ha stabilito la Corte di cassazione con una recente sentenza ( Cassazione sezione I penale sentenza del 17 gennaio 2013 n.2597) nella quale si è affermato il suddetto principio, peraltro evidente. Ed infatti, ha statuito la Cassazione, la separazione di per sé non è di ostacolo al riconoscimento del risarcimento del danno non patrimoniale subìto dal coniuge separato in caso di morte dell’altro.
Nel caso di specie l’ex moglie era morta in un incidente stradale e secondo i giudici : “ Il risarcimento del danno non patrimoniale sotto il profilo del pregiudizio morale può essere accordato ad un coniuge per la morte dell'altro anche se vi sia tra le parti uno stato di separazione personale, purché si accerti che l'altrui fatto illecito abbia provocato nel coniuge superstite quel dolore e quelle sofferenze morali che solitamente si accompagnano alla morte di una persona più o meno cara”. In ogni caso, chiarisce la Corte, “è necessario dimostrare che, nonostante la separazione, sussista ancora un vincolo affettivo particolarmente intenso, con la conseguenza che l'evento morte ha determinato un pregiudizio in capo al superstite”. Vincolo che nel caso di specie è stato ritenuto sussistente poiché vi era “la permanenza di un vincolo affettivo”, rilevabile dalla presenza di un figlio, all'epoca minorenne, nato dall'unione, ed era trascorso un “breve lasso di tempo dalla frattura della vita coniugale”.
La Corte, però, ha rigettato il ricorso dell'ex marito della vittima, che chiedeva un risarcimento maggiore del danno liquidatogli dai giudici d'appello.
La corte di appello, infatti, aveva ridotto la somma riconosciutagli dal giudice di primo grado da 84mila euro a 25mila euro. E secondo la Cassazione tale riduzione è stata legittima tenendo conto del “dato obiettivo della separazione”, del fatto “della già cessata convivenza” e della conseguente valutazione secondo cui la perdita del coniuge “risulta indubbiamente meno sconvolgente rispetto al conseguito assetto di vita”.