In base all'art. 156 c.c. il giudice, nel momento in cui statuisce la separazione dei coniugi, stabilisce anche il diritto, per il coniuge economicamente più debole, di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, laddove egli non abbia adeguati redditi propri.
L’entità di tale onere (comunemente detto assegno di mantenimento) viene determinato in relazione alle circostanze e ai redditi del coniuge obbligato.
La determinazione del quantum dell'assegno a carico del coniuge onerato deve essere effettuato sulla base dei suoi mezzi effettivi. Proprio per questa ragione la Corte di Appello di Roma, con la sentenza del 16 luglio 2008, n. 3077, ha sottolineato che nel caso in cui il soggetto obbligato rivesta la qualità di imprenditore commerciale, l'indagine sulle sue reali capacità economiche può anche prescindere dal reddito denunciato al fisco. Infatti potrà essere presa in considerazione dal Giudice non solo la dichiarazione fiscale ma anche tutta una serie di documenti (come le visure camerali) attestanti l'eventuale possesso di altre e maggiori fonti di reddito.
Non solo: in caso di inadempienza, l’avente diritto (ovvero il coniuge che ha diritto all' assegno di mantenimento) può chiedere al giudice di disporre il sequestro di una parte dei beni del coniuge obbligato o di ordinare ai terzi (datore di lavoro, enti pensionistici, etc.), di corrispondere quanto dovuto direttamente nelle mani del coniuge beneficiario dell'assegno.
Qualora sopravvengano giustificati motivi, il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti relativi all'assegno di mantenimento e alla prestazione degli alimenti proprio perchè essi vengono decisi "rebus sic stantibus" (ovvero calcolati in base alla situazione vigente in quel dato momento) e quindi sono sempre aggiornabili...